Venerdì 3 marzo è andato in scena il quarto ed ultimo atto di Ars Hillmaniana dedicata, quest’anno, al testo “Saggi sul Puer”, che ci ha permesso di approfondire l’archetipo del Puer nelle sue sfaccettature, con quelle modalità nelle quali logos, immaginazione, fantasia, musica e teatro, mirabilmente intrecciati, hanno condotto i convenuti in un viaggio immaginale esaltante.
Il capitolo al centro della serata è stato “La grande madre, suo figlio, il suo eroe ed il Puer” nel quale Hillman ha posto la sua attenzione al confronto archetipico del Puer con la Grande Madre da una parte e il Senex dall’altra.
Il Momento musicale del gruppo degli Albafar ha riscaldato l’ambiente introducendo quelle armonie, non sempre facili all’ascolto, ma che hanno saputo molto bene interpretare, artisticamente, l’estrema complessità del tema della serata raccogliendo il consenso unanime del pubblico.
Le Tracce di Raffaella Bonforte e Sabrina Scalone, in un intervento a 4 mani, hanno introdotto il capitolo amplificandone alcune parti e intercalando vignette cliniche estremamente interessanti. Horus, che come sparviero si innalza al di sopra del padre: è il dissidio maschile, all’interno dello schema Puer-Senex, il cui scopo non è uccidere la madre, ma riscattare il padre. La lettura alchemica permette la presa di distanza dal complesso materno, che determina la perdita del Senex. Il Puer nel complesso materno ha perso il suo Senex, alchemicamente l’esperienza della putrefactio permette il ricongiungimento con il Senex.
Maurizio Nicolosi, nelle sue Risonanze, ha evidenziato come Hillman, opponendosi all’interpretazione tradizionale del mito dell’Eroe come sviluppo della coscienza, formuli il dubbio che la Coscienza non nasca dalla Materia e che l’Eroe, piuttosto che liberare dal complesso, sia ad esso asservito. Il Puer non è definito dalla relazione con la Madre, ma da quella con il Senex. Nel lavoro psicoterapico, interpretare i fenomeni Puer secondo il Complesso Materno determina l’interruzione del legame polare e inevitabilmente provoca ciò che in premessa voleva essere evitato o guarito: l’opposizione del figlio al padre a causa della madre. Nell’alchimia il percorso dell’Eroe nell’opus è ben diverso: il drago alchemico, che nella visione classica è l’antagonista da sconfiggere, in una visione antieroica è piuttosto essenza mercuriale alla quale soccombere, rappresentando lo spirito Puer. Divorato dal drago, quindi vinto dal potere delle immagini, l’Eroe si apre un varco nel suo ventre con una lama e si libera rimodellando dall’interno e dando forma differenziata a quanto era informe e magmatico.
E nelle sue Trasparenze Alfonso Sottile ricorda come Hillman attacchi non tanto il mito dell’Eroe in sé, ma quella sua moderna attualizzazione in cui l’Io ordinario si rivelerebbe con riflesso di una fantasia di unità e integrazione. Condizione questa che porrebbe l’Io come centro di un tipo di coscienza, che riduce tutto ciò che non può essere integrato nella sua struttura al ruolo di scorie, illusioni, mostri da combattere, malattie da sanare. La fantasia di molteplicità, che Hillman rivendica alla sua proposta politeistica, sarebbe più fedele alle complessità e tortuosità dell’anima e riconoscerebbe ad ogni manifestazione psichica la dignità di evento significativo in sé e non in relazione alle necessità di integrità dell’Io. In una visione policentrica della psiche ogni significato, ogni senso, con le mete che vengono generate, non possono assumere, in una prospettica di molteplicità, la sostanza di verità letterale. La sua essenza è finzionale, metaforica, come metaforica è la verità che le Sirene dell’Odissea promettono di rivelare.
Veramente coinvolgente la rappresentazione teatrale del gruppo di colleghi diretti da Gabriele Aiello, che mirabilmente ci offre l’immagine di un Puer, preda delle istanze invasive delle Madri, in crisi, fragile, confuso, colpito, letteralmente, da improvvisa amnesia, che finalmente riesce a liberarsi dalla morsa, verso una possibilità di riscatto del padre.
E in conclusione, Cinzia Caputo nelle sue Trame tira le fila della serata cercando tra le pieghe dei suoi contenuti un senso compiuto. Il tema è quello del vagabondare: Cinzia perde l’aereo da Napoli ed è costretta a passare da Milano per venire a Catania. Come da prassi, il Puer cerca l’alto, va verso lo spirito e non ama le valli. Perdersi è, quindi, legato all’“ultima fatica” del Puer: liberarsi della madre, lasciare l’Io eroico che lo mantiene stretto a lei, abbracciare le sue ferite e le sue cadute. Altro tema quello del dondolare: l’oscillare delle posizioni, il gruppo che cerca di uscire, sempre dondolando, tra Eros e Psiche, picchi e valli, cadute e riprese, ma il Puer rimane ingabbiato. Alla fine l’immagine di un bimbo che gattona aggirandosi per l’aula richiama al Puer liberato attraverso l’ironia del fanciullo, che nella sua innocenza cade, cede, sbaglia, ci solleva dal compito eroico, dalla tristezza plumbea della perfezione. E una fiaba, quella dei Sei Cigni, in cui uno dei fratelli liberati rimarrà con un’ala al posto del braccio a testimonianza che non tutto può essere completato, qualcosa resta fuori, intrasformabile ed è la parte migliore.
Giuseppe Castagnola
■ Pubblicato il 16 March 2017, 20:08 da
R. B.
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