Assisi
Sabato 18 luglio 2009
L’Assisi Institute, in collaborazione con Edizioni Magi, Istituto Mediterraneo di Psicologia Archetipica e Istituto di Ortofonologia, ha promosso all’interno del ciclo annuale di Conferenze in lingua inglese, in occasione del ventesimo anniversario della sua fondazione, una giornata di studi in lingua italiana.
The Country House Hotel – Assisi
Programma
ore 10,00-13,00: riflessioni
ore 13,00-15,00: pausa pranzo
ore 15,00-17,00: discussione clinica
Relatori
Michael Conforti, Ph.D., analista junghiano, fondatore e direttore dell’ Assisi Institute
Antonella Adorisio, analista junghiana CIPA, danzamovimentoterapeuta
Magda Di Renzo, Istituto di Ortofonologia, analista junghiana CIPA
Riccardo Mondo, analista junghiano AIPA, fondatore IMPA
Luigi Turinese, analista junghiano AIPA, presidente IMPA, medico omeopata
L’Assisi Institute, ispirandosi al lavoro di C. G. Jung sui modelli archetipici, promuove ricerche interdisciplinari nel campo degli studi dei rapporti tra psiche e materia, avvalendosi dei contributi della psicologia analitica, delle neuroscienze, della teoria dei sistemi, delle tradizioni spirituali, della mitologia, delle arti.
Costo della giornata € 50,00 (pranzo incluso)
Assisi Conferences
Edizioni Magi
Il commento critico
di Marianna Stinà
La Realtà della Psiche
A traghettarci verso la giornata studio Possessione Complessuale è l’intervento di L. Turinese che propone e ricorda la piattaforma dei concetti storici junghiani più importanti in merito al tema proposto e poggia la sua riflessione su un pensiero basilare: Si può affrontare la possessione complessuale, nella pratica clinica, a patto di conoscere la topografia della psiche e di mantenere un Io in grado di fronteggiarla.
Tale è la solidità, il rigore e lo spessore sonoro ed emozionale di queste parole che arrivano a noi come un monito e sanciscono in questo unico atto della parola il senso di unità tra Psiche e Materia.
A questo punto siamo dentro il campo del seminario che ci predispone ad accogliere la possessione archetipica come strumento di conoscenza capace di ampliare il lavoro sulla complessità della psiche.
Poiché la possessione è la manifestazione del campo archetipico attivo in un dato momento nella storia di un individuo, A. Adorisio e M. Conforti propongono una modalità di intervento nella pratica clinica partendo dalla domanda che attraversa entrambi i libri di Conforti: Il codice innato e Sulla Soglia ossia: Qual è il ruolo della ripetitività del campo se non quello di mantenere la continuità con il passato e dunque mantenerne la Forma?. Ma a questa domanda se ne accosta subito un’altra: Qual è la finalità evolutiva di quella ripetizione?
Perché il fine potrebbe piuttosto essere una richiesta psichica volta a depotenziare la nevrosi, come un allarme e al contempo un’occasione per interrompere la ciclicità di un tema complessuale che si autoalimenta.
Depotenziare il campo attivo, in terapia, significa per il terapeuta trovare nuove traiettorie affinché esso possa ampliarsi stabilendo una struttura più complessa, e l’uso di tecniche immaginative potrebbe essere un modificatore di traiettorie. Ma attenzione: il rischio è di cadere nella tentazione, e parlando di possessioni è proprio il caso di usare questo termine, di credere che i nuclei complessuali siano soggetti a risoluzione.
Rapportarsi con l’inconscio è soprattutto fare esperienza del limite, pertanto risuonano come un saldo principio di realtà le parole di R. Mondo che inserendosi con una certa passionalità a questo punto del discorso, sottolineano l’importanza di accettare la fallibilità dell’Io poiché, diversamente, il rischio è di perdere la propria forma, il proprio carattere.
Dopo interessanti ed affascinanti riflessioni teoriche con M. Di Renzo, che presenta un caso clinico di possessione archetipica , si entra nel vivo della pratica clinica.
La narrazione ci conduce per mano dentro lo spazio analitico fino a farci sentire sul corpo il luogo psico-corporeo abitato dalla paziente-bambina. Si attiva negli uditori il sistema somato-viscerale, il blocco psichico e la sensazione di essere letteralmente incastrati nella ripetitività di una forma archetipica ripugnante. Il campo attivato ha a che vedere con l’aggressività e richiama ad una madre terrifica. La modificazione di traiettoria in questo luogo così poco umano è possibile grazie alla capacità di contattare la propria aggressività e modularla attraverso lo strumento più archetipico e psichico che ci appartiene: il corpo. La consapevolezza dello strumento corporeo permette alla terapeuta di allinearsi al campo attivato. La memoria collettiva si manifesta attraverso un richiamo della memoria corporea e la terapeuta si fa contattare dal ritmo della °taranta*, ed inizia a batterlo con il piede. A questo punto del racconto bambina e terapeuta finalmente si incontrano. Il corpo rappresenta quanto di più simbolico e materico possa esserci per modificare ciò che si costella nella relazione terapeutica.
Ancora una volta la cornice di Psiche e Materia in cui questo seminario è inserito fa sentire la sua voce, e fa apparire i relatori come danzatori che balzano su una musica il cui compositore è proprio il corpo inconscio.
Conclude M. Conforti sostenendo che l’elemento fondamentale all’interruzione della possessione dal complesso è la redenzione: E’ la redenzione, e non il perdono, che ci permette di accettare quello che ci accade e ci dà la forza di guardare avanti; pertanto quando, alla fine della terapia, il complesso del paziente bussa ancora alla porta, diventa sano e strutturante rispondere no, e andare avanti .
Marianna Stinà
■ Pubblicato il 14 October 2009, 22:10 da
G. T.
■ Modificato il 31 October 2009, 07:07 da
G. T.
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